
Ray Allen, da stella Nba a consigliere dello United States Holocaust Memorial Museum
Dopo aver detto addio ai cambi da basket lo scorso novembre con una toccante lettera indirizzata a se stesso, l'ex stella Nba Ray Allen ha deciso di dedicarsi anima e corpo a una passione che porta con sé da quasi due decenni: studiare, sensibilizzare e promuovere la storia dell’Olocausto.
Vincitore di due titoli Nba, (il primo con i Boston Celtic e il secondo con i Miami Heat), considerato il miglior tiratore della storia prima dell’avvento di Stephen Curry, nonché giocatore ad aver realizzato più tiri da tre punti nella storia della lega (2973), Allen ha scoperto questa passione nel 1993. Allora studente alla University of Connecticut, colui che sarebbe poi diventato "He got game" (soprannome dovuto al suo ruolo da protagonista nell’omonimo film di Spike Lee), ha iniziato ad incuriosirsi ad una delle pagine più buie della storia della nostra umanità, diventando successivamente un assiduo frequentatore dell’United States Holocaust Memorial Museum (USHMM). Si tratta del museo americano che dalla sua fondazione - proprio nel 1993 - si è dedicato a prevenire i genocidi, a difendere la dignità umana e a rafforzare la democrazia in tutto il mondo oltre a fornire importanti studi sull’Olocausto.
Una causa a cui l’ex stella Nba si dedica da vent’anni e a cui dalla scorsa settimana potrà dedicarsi attraverso il ruolo istituzionale di membro del consiglio direttivo dello stesso museo. "Sono orgoglioso di questo ruolo e di continuare a condividere i messaggi e le lezioni importanti che tutti noi dobbiamo ricordare dall'Olocausto", ha dichiarato Allen in un’intervista rilasciata al magazine TheUndefeated. "Voglio ispirare la gente a rompere gli stereotipi e trattare gli altri - indipendentemente dalla razza, dalla religione o da qualsiasi altra cosa - come la propria famiglia. È più importante che mai", ha sottolineato Allen.
Il campione 41enne nato a Merced, piccola cittadina dell’omonima contea nella San Joaquin Valley, nella California centrale, ha raccontato dello shock avuto quando ha iniziato a rendersi conto delle atrocità subite dal popolo ebraico durante l’Olocausto. Lo studio di quel periodo storico "ha toccato la mia anima e mi ha spinto ad essere più cosciente dei problemi delle persone attorno a me", ha dichiarato Allen che ha poi raccontato quando nel 1998 ha visitato per la prima volta il museo a Washington. "Giocavo per i Milwaukee Bucks e in estate venni a trovare il proprietario della squadra, fu lui a consigliarmi di visitare il United States Holocaust Memorial Museum durante il mio tempo libero".
Da quel momento Allen ha colto ogni occasione possibile per istruirsi sulla storia dell’Olocausto, "una lezione che tutti dovremmo imparare cosicché non accada più". Addirittura, l’ex stella Nba ha raccontato di come sia riuscito a portare con sé tutti i giocatori con cui ha giocato organizzando dei veri e propri tour di squadra ogni qual volta si trovava a Washington per disputare una partita.
Allen ha poi sottolineato come il suo approccio sia quello di guardare la storia cercando non solo di comprenderla ma anche di "capire come questa abbia influenzato e influenzi" la sua vita. Si tratta di un criterio che il cestista afroamericano applica a 360 gradi e che ovviamente riguarda anche "l’oppressione, il razzismo e l’intolleranza verso i neri d’America" durante gli anni del movimento per i diritti civili degli afroamericani.
Sottolineando le similitudini tra l’oppressione subita dal popolo ebreo e quella che ha segnato la storia degli afroamericani, Allen ha parlato dell’importanza della costruzione del National Museum of African American History and Culture, il Museo nazionale di storia e cultura afroamericana aperto nel settembre dello scorso anno, grazie al quale "si può finalmente raccontare la nostra storia". Si tratta di un passo importante per Allen secondo cui per anni è stato come se gli Stati Uniti “non volevano accettare le atrocità fatte ai neri".
Proprio per questo entrambi i musei hanno per Ray Allen una funzione fondamentale poiché visitandoli si ha l’opportunità di "imparare che ciascuno di noi è uguale e che non ci sono esseri umani inferiori". Una lezione che "ogni bambino" deve apprendere sin da piccolo per evitare di diventare "un bullo capace poi di trasformarsi in un dittatore".
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