Usa e Cina: è scontro per influenzare l'Asia. L'Apec finisce senza comunicato

Per la prima volta nei 29 anni di storia dell'Asia Pacific Economic Cooperation (Apec), il summit che si è svolto nel fine settimana in Papua Nuova Guinea si è chiuso di domenica senza un comunicato. Colpa degli scontri tra Cina e Stati Uniti, protagonisti non solo di una guerra commerciale portata avanti a colpi di dazi ma anche di una sfida per esercitare la maggiore influenza economica e politica tra le nazioni che si affacciano sul Pacifico.
Il giorno precedente, sabato, il vicepresidente americano Mike Pence e il presidente cinese Xi Jinping avevano duellato a parole. Il numero due di Donald Trump aveva invitato le nazioni più piccole a "non accettare il debito straniero che potrebbe compromettere la vostra sovranità". Ispirandosi al motto America First, Pence aveva inviato a "mettere il vostro Paese al primo posto" senza indebitarsi con Pechino, promotrice del suo programma di investimento infrastrutturale Belt and Road. Dal canto suo Xi si era fatto ancora una volta difensore del multilateralismo e dell'Organizzazione mondiale del commercio (il Wto) tanto criticata da Trump.
E' proprio sulla riforma del Wto che la stesura del comunicato finale si è arenata. E le tensioni sono aumentate quando il ministro degli esteri della Papua Nuova Guinea si è rifiutato di incontrare diplomatici cinesi che si erano presentati senza preavviso per convincerlo a usare determinate parole e non altre nel comunicato.
La conclusione? Le nazioni asiatiche si sono ritrovate al centro dello scontro sull'asse Washington-Pechino, di cui rischiano di ritrovarsi vittime. E sia l'America di Trump sia la Cina di Xi hanno provocato malumori. Alla fine del suo discorso, Pence ha fatto appello alla cristianità in Asia e Xi ha escluso funzionari e giornalisti della nazione ospitante. Forse perché Usa e Australia hanno annunciato una espansione di una base navale in Papua Nuova Guinea, una nazione dove anche la Cina ha pretese infrastrutturali.
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